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Scrivi un commento al testo di Dzemile Jusufi
Capitolo 2

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Giada rimase di nuovo sola, non riusciva a muoversi, come se qualcuno le avesse appena portato via qualcosa che aveva tra le mani. Lo sapeva cosa succedeva in quel bagno. Il suo sguardo vuoto non osava ammetterlo a sé stessa e allo stesso tempo si alzava piangendo per origliare e dare conferma, di nuovo, alle sue paure.  Lo voleva affrontare “Cosa ci stai a fare tutto questo tempo in bagno?”, ma poi lo sapeva che Giacomo avrebbe trovato il modo per litigare e dare la colpa a lei.

Passava delle ore in bagno, con la scusa di avere problemi intestinali.

Quelli erano i momenti peggiori per Giada, era dietro alla verità, impotente. E lui esasperava la menzogna fino a quel punto, come poteva? Come riusciva a essere così crudele e fare la vittima di fronte a lei? Erano domande che Giada si poneva come se fosse un disco rotto, senza tregua e senza avere risposta, come se quella fosse la sua unica possibilità. Piangeva dietro quella porta, perché sapeva che non avrebbe osato dirgli niente. In quel momento per Giada c’era solo quella prigione di bugie e lacrime, un incubo a cui non credeva che sarebbe mai stata destinata. Non si chiedeva nemmeno se un giorno sarebbe mai potuta finire o andare meglio, era immobile in quel pozzo buio e chiuso senza nemmeno un raggio di sole.

A volte la sofferenza psicologica la poteva sentire anche nel fisico, sentiva un pugno stringere forte il suo stomaco e cadeva a terra torcendosi e abbracciando le ginocchia. Era una scena davvero desolante, ma Giada non ci pensava minimamente, non provava pena per sé stessa, provava solo dolore e tristezza. Se solo avesse avuto la coscienza di vedersi, avrebbe reagito, ma tutto quello che riusciva a fare lo stava facendo.

Giacomo in bagno si era già dimenticato di sua moglie. Era felice adesso, finalmente era riuscito a entrare in bagno e ora andava tutto bene, il resto traslava in secondo piano. Faceva con calma quello che doveva fare, come una sorta di rituale, come quando ci si prepara da mangiare il proprio piatto preferito. Non gli era mai venuto in mente che sua moglie poteva sentire, poteva farsi delle domande, che sua moglie sapeva. Erano cose a cui pensava spesso, ma non mentre era in bagno. Pregustava il senso di libertà e serenità e si sentiva la persona più felice del pianeta. In quel momento riusciva a dimenticarsi di tutta l’aridità che aveva creato attorno a sé negli ultimi mesi. Dimenticava le conseguenze di ciò che stava facendo. Sarebbe uscito da quel bagno ancora sotto effetto dell’eroina e niente lo spaventava sotto l’effetto dell’eroina.

Quando usava quella sostanza ogni cosa era bella, era possibile e anche con Giada non litigava. E poi la sensazione che provava non sarebbe mai riuscito a descriverla. Quella sensazione creava dipendenza e l’eroina crea dipendenza fisica. Dopo averla provata una volta non era più riuscito a farne a meno. Ogni giorno ne aveva bisogno a dosi sempre più frequenti.

In alcuni momenti si sentiva un fallito assoluto, si vergognava per quello che stava facendo, aveva addosso le paure più terribili che un uomo può mai provare e l’unico modo per fuggire a sé stesso era una nuova dose, l’unico modo per dimenticare il volto segnato di sua moglie era chiudersi in bagno e fare la sua magia.

“Amore, non  sai che cose grande avevo, ho fatto tanta fatica ad andare in bagno” usciva Giacomo ridendo.

Giada lo guardava incredula ogni volta “Come riesce? E’ davvero convinto di quello che dice. Perché mio marito mi sta mentendo così? Lo sa che non ci credo eppure continua…”

Vedendo che lei non rispondeva, continuava con il suo buon umore “Dai vestiti che stiamo un po’ insieme oggi pomeriggio, ti porto a fare un giro”

Giada a quelle parole reagì felice. Non era una soluzione, ma almeno usciva dalla sua solitudine e poi avrebbe passato del tempo insieme al marito, che per quanto la stesse facendo soffrire era l’unico essere umano presente nella sua vita al momento.

 

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